L’ansia è quella sensazione di disagio che si avverte, a metà tra il corporeo e l’emotivo, che implica una attivazione neurovegetativa e un sottofondo emotivo di paura, tensione, allerta.
E’ un “disturbo” che sta aumentando molto in fretta di questi tempi ed infatti, sempre più persone ne lamentano la presenza, a volte incessante, a volte plausibile in certe situazioni, specie in un mondo, quello di oggi, in cui tutti si sentono un po’ sotto stress, angosciati e a volte anche depressi. Non tutta l’ansia però vien per nuocere!
A piccole dosi l’ansia aiuta, per esempio, a superare l’esame all’università, ad individuare una situazione di pericolo aumentando lo stato di allerta e di vigilanza, a dare il giusto valore a un incontro importante. Ma se il senso di inquietudine dilaga nella nostra vita e arriva a toccare ogni aspetto, una decisione da prendere, una scadenza, un cambiamento da affrontare, vuol dire che l’ansia ha superato il livello di guardia.
Quando lo stato di ansia che sperimenta un individuo diventa dilagante, può associarsi o generare degli episodi di attacco di panico. All’interno di un primo episodio di attacco di panico, l’ansia si manifesta spesso con i seguenti sintomi: tensione diffusa nel corpo, tachicardia, tremori, pallore in viso, respirazione affannosa, accompagnati dal timore, alcune volte, di svenire, morire o aver un attacco di cuore. Spesso chi è colpito da un attacco di panico si rivolge al pronto soccorso proprio perché preoccupato da questi sintomi fisici molto evidenti, ma ne esce con una diagnosi su un piano strettamente emotivo. Dal punto di vista del vissuto emotivo, l’attacco di panico assomiglia molto ad un’emozione che si sperimenta di fronte a una situazione di pericolo: la paura.
Quale è allora la paura di chi soffre di attacchi di panico?
L’ansia in generale, quando è pervasiva, e l’attacco di panico in particolare, è un campanello d’allarme, una spia che obbliga la persona che ne soffre a “fermarsi” ed iniziare a prendersi cura di sé. Prima dell’attacco di panico, la persona che poi ne arriva a soffrire, presentava, in linea generale una personalità ipercontrollante, che da all’esterno l’idea di essere particolarmente sicura di sé. Si tratta però molto spesso di quello che viene definito un “falso sè”, un modo di essere di chi tende a negare le proprie fragilità e a controllare ed inibire le proprie emozioni, energie, desideri.
L’attacco di panico si configura, in questo senso, come un crollo del Falso Sè, una crisi che mette in discussione il vecchio modo di essere e fa spazio al nuovo, al vero sé, quella parte “sommersa” della personalità, che adesso chiede ascolto. Tale parte sommersa, nascosta, trae spesso origine e nutrimento dalle relazioni significative della persona. Essa impone quindi di essere ricollegata alla propria storia individuale per essere accolta e compresa: questo è il primo passo verso il superamento di quello stato generale di allerta che caratterizza l’ansia e che può poi sfociare nel panico.
Chi è ansioso però tende a non guardare dentro di sé, ma, per uno strano gioco della mente, tende ad associare il proprio malessere al luogo in cui si verifica l’attacco di panico. Ecco allora che la paura senza nome fino ad allora, si trasforma poi in paura di un posto o di una situazione contestuale: prende forma la paura del centro commerciale, o la paura di guidare in autostrada, a cui si rimedia evitando di tornarci e, se proprio non si può evitare di farlo, non senza la presenza di una persona da cui farsi proteggere. La persona inizia così a mettere in atto tutta una serie di sistemi che gli possano dare l’idea di poter tenere sotto controllo l’emotività e scongiurare che possa nuovamente dilagare.
Lo psicoterapeuta
L’intervento di uno psicoterapeuta diventa allora indispensabile, perché il cliente possa essere aiutato a riappropriarsi della propria vita interiore, delle proprie emozioni, dando loro una voce, identificando gli eventi relazionali che hanno determinato lo stato di malessere ed il loro senso. In tal modo, i sintomi ansiosi andranno a scemare poiché hanno ragione di esistere fino a che non vengono svelati i contenuti personali che sono da essi mascherati.
Il poter riconoscere l’emozione disturbante diventa la chiave per liberarsi dalla paura.Per far luce, è prima necessario abbassare ogni luce, avvicinarsi alle paure, dare un nome alle ombre e ritrovare il Bambino spaventato e perduto, con l’aiuto di uno psicoterapeuta, per restituire le paure stesse all’Adulto, in preda al panico.