A chi, a cosa deleghiamo il potere di riempire la stima di noi stessi? L’ ansia di ricevere “mi piace” è una implicita richiesta di valutazione del proprio comportamento, che contribuisce alla percezione di sé e al senso di autostima e di efficacia delle nostre azioni. Ma quanto dura tutto questo? E su che basi poggia? Un castello di carta che, se non si provvede a fornire di fondamenta solide, prima o poi rischia di crollare.
Le nostre relazioni sono sempre più istantanee, fatte di botte e risposte attraverso uno schermo, che sia il pc o lo smartphone. A volte durano lo spazio e il tempo di un tweet o di un “mi piace” mentre ci affacciamo sulla finestra di Internet e magari siamo in compagnia fisica di un interlocutore che, come noi è connesso sì, ma non con noi, col mondo virtuale.
Tutto questo ci induce a pensare a dove stiamo andando, a cosa stiamo facendo dei mezzi, utilissimi comunque, che la tecnologia ci mette a disposizione. Spesso quindi vengono usati per colmare un recipiente, col buco sotto però, che è la nostra autostima; o ancora vengono usati per evitare il rischio, e perdersi poi quindi la bellezza, dello stare autenticamente in relazione con gli altri, mettendo davanti uno schermo. E aggiungerei anche per evitare il rischio di stare in relazione con sé stessi.
Quante volte ci sarà capitato, in autobus, sul piazzale della stazione in attesa del treno, in coda all’ufficio postale in attesa del nostro turno o ancora sdraiati in relax sul nostro divano, di tirar fuori lo smartphone e riempire il “vuoto del fare” di quei momenti connettendoci ad internet. Perchè sta diventando difficile “non fare” ma “essere”, perchè quei momenti di stop al fare qualcosa ci mettono in contatto prepotentemente con noi stessi. E questo può spaventare, esser difficile da fare, può essere scomodo stare in compagni con noi stessi.
Ma è una delle vere ricchezze che abbiamo e che resterà con noi per tutta la vita. Ciò che siamo, ciò che pensiamo di noi, ciò che sentiamo, ciò che è importante per noi. Abbiatene cura.