Per le mamma, per i padri, per chiunque entri in una relazione significativa con l’altro. L’importanza di conoscerlo e riconoscerlo. La carezza (stroke) è uno dei concetti più affascinanti, ma allo stesso tempo semplici ed efficaci, dell’Analisi Transazionale, un approccio alla comprensione degli esseri umani, fondato dallo psichiatra canadese Eric Berne negli anni ’50; l’idea originale di Berne fu quella di contraddistinguere la carezza come l’unità di riconoscimento sociale.
Fin dalla nascita, uno dei bisogni fondamentali del cucciolo d’uomo è il contatto, l’intimità fisica e la manipolazione. Questi stimoli, al pari della necessità del cibo, sono essenziali per uno sviluppo sano. Da grandi, come sostiene l’autore, aneliamo ancora ad un contatto fisico ed anche se impariamo a sostituirlo con forme simboliche di riconoscimento, ci sentiamo deprivati se non riceviamo le carezze di cui abbiamo bisogno. Tali “carezze”, da grandi, son rappresentate da un semplice sorriso, dalla presenza dell’altro vicino a noi nel momento del bisogno, da un “bravo, vai avanti così” di chi è importante per noi, da uno sguardo…Può sembrare assurdo, ma un principio fondamentale che anima il comportamento degli esseri umani è che: qualsiasi tipo di carezza è meglio di nessuna carezza, ovvero il nostro bisogno di essere accarezzati è così importante che se non riceviamo sufficienti carezze positive, faremo in modo di avere almeno quelle negative, umiliazioni, frasi sarcastiche, critiche…
Nei bambini è semplice verificare questo principio, se ci dedichiamo ad osservarli, possiamo accorgerci facilmente di quanto essi preferiscano
escogitare sistemi per ottenere carezze negative piuttosto che rimanere nella totale indifferenza.
Un interessante articolo sulle carezze e sulla loro valenza nell’educazione e nella crescita dei bambini: