Quali siano le determinanti del comportamento umano è una delle questioni che da sempre affascinano e animano il dibattito scientifico, nonché suscitano l’interesse di chi, si appresta a comprendere le dinamiche umane ed il proprio mondo interiore. Nello specifico delle relazioni sentimentali cosa ci muove favorendo, offuscando, impedendo la realizzazione di legami sentimentali soddisfacenti, dei quali spesso ci dichiariamo bisognosi?
Attualmente la coppia, e la famiglia, si stanno presentando sempre più come sistemi non sempre stabili, suscettibili di cambiamenti. L’aspetto affettivo della relazione, identificato con lapiena soddisfazione dei partner, si fa sempre più preponderante, e merita quindi una riflessione. Infatti, il bisogno che gli esseri umani hanno di contatto, vicinanza e disponibilità affettiva di una figura significativa, descritto dalla teoria dell’attaccamento di Bowlby, è uno dei sistemi motivazionali dell’uomo.
Le relazioni di coppia rappresentano, infatti, un baricentro importante della vita affettiva degli esseri umani e sono in questi ultimi anni sempre più numerosi gli studi che prendono in esame le dinamiche e le problematiche della qualità della relazione e della soddisfazione percepita dai partner. Gli studi hanno messo in correlazione lo stile di attaccamento dei partner con il modo in cui essi stessi vivono poi la relazione di coppia.
Pur sembrando insolito, si può osservare, nelle relazioni adulte, un funzionamento simile a quello delle diadi madre-bambino.
La teoria dell’attaccamento si applica quindi al rapporto di coppia, sottolineando che gli adulti iniziano delle relazioni affettive sulla base del modello strutturatosi nel rapporto madre-bambino, poiché proprio su questa relazione precoce si fondano le rappresentazioni mentali di se stessi, dell’altro e di se stessi in relazione all’altro. Questi modelli, essendo il risultato di un processo cognitivo automatizzato, tendono ad autoperpetuarsi, anche se non hanno un carattere di assoluta irreversibilità e possono quindi modificarsi attraverso relazioni nuove e diverse, attraverso cambiamenti di vita significativi ed esperienze terapeutiche.
Vediamo un excursus sugli stili di attaccamento in età adulta (tratto da Attaccamento e amore, Attili, 04, Edizioni Il Mulino):
Attaccamento sicuro – L’amore sicuro
Da adulto, sarà semplice, per il soggetto sicuro, riconoscere con precisione le persone a cui legarsi sentimentalmente. Egli, infatti, inconsapevolmente, si lascerà coinvolgere in relazioni che confermino i suoi modelli interni “sicuri”. Di conseguenza, si orienterà verso persone per lo più sicure, che dimostrino palesemente i propri sentimenti, e con cui poter condividere in maniera comunicativa i momenti tristi e quelli felici della propria esistenza, in modo da confermare la propria percezione di persona degna di essere amata e curata. Inoltre, avendo avuto esperienza di un rapporto di totale fiducia con la propria madre, tenderà a dar vita a legami sentimentali poco ossessivi, basati, cioè, sulla fiducia reciproca, utilizzando il proprio partner come base sicura da cui dipendere, ma allo stesso modo, da cui partire autonomamente, per le continue esplorazioni dell’ambiente circostante. Infine, il soggetto “sicuro”, impegnato, nella maggior parte dei casi, con partners altrettanto “sicuri”, presenterà un alto livello di consapevolezza circa la sua relazione e i possibili momenti di alti e bassi a cui andrà incontro, cercando di volta in volta, le strategie adatte al superamento di quelli difficili. Sono, dunque, per lo più correlate a soggetti sicuri, storie stabili e durature
Attaccamento ansioso ambivalente – L’amore ossessivo
In campo amoroso,tale soggetto sarà più volte trascinato dal vortice della passione, pensando di aver trovato la persona giusta. In realtà, andrà incontro ad idealizzazioni eccessive di persone che presentano, al contrario, proprio quei tratti caratteriali che egli stesso odia. Solo successivamente, si renderà conto di aver commesso uno sbaglio nella scelta, e a quel punto, soffrirà irrimediabilmente. Abbiamo, inoltre, sostenuto che il bambino che sperimenta una relazione con una madre imprevedibile, sviluppa dei modelli del sé, come di una persona da amare in maniera discontinua, ad intermittenza. Da quanto scritto, ne consegue che, all’interno di una relazione amorosa adulta, quando a prevalere saranno i modelli positivi del sé, come persona degna di amore, allora penserà di essere amato profondamente e rispettato dal partner, ma quando prenderanno il sopravvento i modelli negativi del sé, come persona vulnerabile e non degna di amore, allora sarà facilmente trascinato nel tunnel della gelosia più estrema, dando vita ad una relazione ossessiva, possessiva e autoritaria: non mancano, talvolta, reazioni di aggressività fisica piuttosto violente, o addirittura episodi che sfociano in delitti passionali. Il problema principale del soggetto insicuro-ambivalente è che “…rimane sempre nella fase dell’innamoramento. La sua ansia da separazione è sempre all’estremo. Il suo amore è sempre ossessivo. Il suo odio è sempre travolgente. La possibilità di esplorare il mondo, di essere contento e di amare sulla base della sicurezza che può offrire una relazione consolidata sono per lui dimensioni sconosciute. Per lui quello non è amore!
Attaccamento evitante/distanziante – L’amore freddo/distaccato
Coloro che da bambini, fanno esperienza di una madre “rifiutante”, che, cioè, non risponde con prontezza, efficienza e calore alle richieste di aiuto e conforto, elaborano un modello di attaccamento definito “ansioso-evitante”. Questi sfortunati individui, al contrario dei soggetti sicuri, non sviluppano la loro personalità a partire dalla sicurezza di una base sicura cui far riferimento: non godono, cioè, in alcun modo di sicurezza affettiva. Ne consegue la formazione di “…Un modello mentale del sé come di persona non degna di essere amata, che deve contare solo su di sé, e un modello mentale della madre come di persona cattiva dalla quale non aspettarsi alcunché” (Attili, 2004, p. 111). Naturalmente, ai soggetti in questione, sfugge la consapevolezza delle proprie rappresentazioni mentali, che operano a livello inconscio, influenzando lo sviluppo della personalità e, in particolare, le esperienze relazionali presenti e future. L’imperativo categorico degli individui con attaccamento ansioso-evitante consisterà, durante la propria esistenza, nel non farsi coinvolgere emotivamente nelle relazioni interpersonali instaurate, e la loro vita sarà improntata tutta sul desiderio di conquista di un’autonomia e autosufficienza personale che escludano, in caso di necessità, il ricorso agli altri, considerati individui inaffidabili e su cui contar poco. Questa vera e propria strategia di vita, in realtà, non è altro che una misura di prevenzione contro il rischio di ulteriori delusioni, dovute ad esperienze di eventuali rifiuti. (“…Per non correre il rischio di essere rifiutati, sopprimono la loro emozionalità” (Attili, 2004)
Attaccamento disorganizzato – L’ amore patologico
Si tratta di modelli di attaccamento che rimandano a storie di abuso e maltrattamento da parte della figura allevante, nei confronti del proprio bambino. I bambini che sperimentano questo tipo di legame, presentano, durante la Strange Situation , dei comportamenti alquanto anomali: restano immobili, si dondolano, si coprono gli occhi alla vista della madre, danno vita ad una serie di comportamenti piuttosto stereotipati. Essi, elaborano, durante l’infanzia, delle rappresentazioni interne della relazione, confuse e incoerenti. La conseguenza di tali esperienze pregresse è, nell’età adulta, l’intervento dei modelli interni nell’interpretazioni degli eventi della realtà, che restano sempre oscurati da un velo di confusione e incontrollabilità, e anneriti da una visione piuttosto catastrofica. In amore, questi soggetti, spesso, sono incapaci di scegliere partners affidabili, correndo il rischio di farsi coinvolgere in relazioni distruttive, con persone violente e aggressive (Attili, 2004). D’altro canto, gli stessi individui con modelli interni di tipo disorganizzato, tendono a dar vita, e a mantenere nel tempo, relazioni improntate su modalità comunicative violente e fredde, presentandosi come partners e genitori maltrattanti, o abusanti.
La scelta del partner risponde a bisogni di tipo sociale ed economico, nonché familiari, di affinità psicologiche, di attrazione sessuale. Pertanto, non è un caso che di solito le coppie provengano dallo stesso ambiente socio-culturale. Questo insieme di elementi determina quella che Goethe ha chiamato “affinità elettive” e che ha definito “sottile affinità chimica in virtù della quale le passioni si ricompongono un’altra volta”.
Possiamo, quindi, ipotizzare che la scelta del partner sia collegata alle remote vicende personali che hanno caratterizzato le esperienze infantili. In tale scelta accadono spesso due fenomeni inconsci: ci si innamora di chi corrisponde ad una parte di sé ideale, di chi risponde, quasi in maniera simbiotica, alla soddisfazione dei nostri bisogni emotivi più intimi (spesso a noi stessi inconosciuti), per cui sentiamo che l’altro ci completa, ci dà quella parte di noi che ci manca; oppure ci si innamora di chi rappresenta quella parte di noi, seppur presente, che non accettiamo.
E quando una coppia entra in crisi, la prima ipotesi è che il partner non è più l’idealizzazione che di lui se ne era fatto; la seconda è che il partner appare come quella parte di sé che non si accetta e come tale viene rifiutato.
Flirt, passione, innamoramento e amore
La coppia, nella sua evoluzione naturale, subisce un processo di crescita e di evoluzione, fatto di crisi, momenti di accomodamento e nascita del nuovo e di nuovi modi di stare in relazione.
La coppia non è un “oggetto” stabile, che dato che si ha, così rimane, ma è in continuo cambiamento.
Nella prima fase della dipendenza, la coppia sperimenta un “delirio passionale” o “simbiosi”, durante il quale l’idealizzazione del partner è estrema, si pensa a lui come l’anima gemella e l’oggetto che soddisfa ogni proprio desiderio. Si è molto egoisti rispetto ai propri bisogni che hanno la precedenza sul resto e che, comunque, sembrano essere totalmente appagati dall’altro. Questa prima fase che dura circa due anni, si interrompe per favorire il passaggio alla successiva con i primi conflitti legati all’ambiguità e alla ricerca della differenziazione; si manifestano le prime crisi d’ansia, utili per lo scioglimento della simbiosi.
La fase successiva corrisponde al periodo della contro-dipendenza e si caratterizza per il desiderio di “differenziazione”; è il periodo della disillusione, della sofferenza dovuta alla scissione tra l’ideale e il reale, nascono i primi sintomi di incompatibilità, si comincia a pensare alla necessità di creare una giusta distanza. Si manifestano crisi depressive legate ad una difficoltà di gestione della rabbia nata proprio dalla scoperta dell’altro diverso. Il conflitto in questo periodo è centrale e fisiologico anche in funzione di un apprendimento delle regole del conflitto. Una buona elaborazione di questa fase permette il passaggio alla fase successiva.
L’indipendenza caratterizza la terza fase. Si tratta di un periodo di sperimentazione, la coppia sente l’esigenza di uscire dal nucleo a due e di esplorare l’esterno. E’ forse il periodo più problematico e pressante dal punto di vista conflittuale, si presentano litigi anaffettivi, ognuno cerca di andare per la propria strada, si presentano crisi emozionali legate all’alternarsi di rimpianti e di speranze. E’ la fase più a rischio di rottura anche perché corrisponde al periodo in cui avvengono i tradimenti. In questa fase c’è però anche molta voglia di approfondire la conoscenza della coppia, si protende più per il mantenimento dell’unione che per la separazione.
L’ultima fase dell’interdipendenza si basa sull’accettazione dell’integrazione di un legame imperfetto, i partner giungendo alla consapevolezza che l’altro possa essere imperfetto, che la scelta del partner è indubbiamente collegata a modelli di attaccamento appresi nel tempo e che esiste a prescindere dai suoi mutamenti, attuano un processo di riavvicinamento che permette loro di acquisire una costanza dell’oggetto d’amore che travalica i conflitti e permette il riaccendersi del desiderio.